Quando si parla di sicurezza informatica, la prima risposta che molte aziende danno è: “Abbiamo un firewall e un antivirus, siamo a posto”. Peccato che la realtà sia un po’ più complessa. Gli strumenti di protezione tradizionali sono fondamentali, ma non bastano a garantire che un’azienda sia davvero al sicuro. Spesso, nel back-end dei sistemi informatici, ci sono vulnerabilità nascoste che il reparto IT potrebbe non segnalare, non rilevare o, peggio ancora, non considerare un problema.
Il rischio più grande? Pensare di essere protetti quando in realtà si è esposti. Un falso senso di sicurezza è più pericoloso di un’assenza totale di protezione, perché porta a sottovalutare le minacce reali.
Le falle invisibili che possono costare caro
Nel mondo della sicurezza informatica, ciò che non si vede è spesso ciò che causa i danni più gravi. Un server non aggiornato, una configurazione di rete errata, credenziali di accesso troppo semplici o vulnerabilità nei software aziendali possono rappresentare un punto d’ingresso per un attacco. Eppure, molte di queste falle passano inosservate fino a quando non è troppo tardi.
Il reparto IT può non segnalare queste criticità per diversi motivi:
- Mancanza di strumenti adeguati per rilevarle
- Sottovalutazione del rischio o percezione di “problema minore”
- Complessità nel comunicarle ai DPO e ai responsabili della compliance
- Pressione per mantenere operativi i sistemi, anche a discapito della sicurezza
Il problema è che, in caso di una violazione dei dati, chi ne paga le conseguenze non è solo il reparto IT, ma l’intera azienda. GDPR, NIS2 e altre normative impongono responsabilità ben precise, e ignorare le falle di sicurezza non è un’opzione.
Come sapere se il reparto IT sta davvero proteggendo l’azienda?
Se sei un DPO o un consulente privacy, sai bene quanto sia difficile ottenere informazioni chiare e comprensibili sulla sicurezza informatica dell’azienda. Il linguaggio tecnico spesso rende complicato capire se le misure adottate sono sufficienti, e i report IT possono risultare troppo dettagliati o, al contrario, generici e poco utili.
Ecco perché avere uno strumento di monitoraggio indipendente può fare la differenza. AmicoHackeranalizza la rete aziendale alla ricerca di vulnerabilità, senza bisogno di interfacce complesse o competenze tecniche avanzate. Il tutto con un semplice report via email, chiaro e comprensibile anche per chi non è un esperto di cybersecurity.
Con AmicoHacker, i DPO e i consulenti privacy possono finalmente avere un quadro chiaro della situazione, senza dover dipendere esclusivamente dal reparto IT. Significa poter dimostrare concretamente la conformità dell’azienda al GDPR, individuare le falle prima che diventino problemi e garantire che la sicurezza non sia solo una parola, ma un’azione concreta.
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