Proteggere i dati aziendali: quando anche “l’uomo che clicca” trova una soluzione

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Una delle vulnerabilità più comuni nelle aziende, quando si parla di sicurezza informatica, ha un nome quasi ironico: “l’uomo che clicca”. È quella figura, spesso inconsapevole, che con un clic di troppo su un link sospetto o un allegato pericoloso può mettere a rischio l’intero sistema aziendale. Non è cattiveria o negligenza, ma magari distrazione, scarsa formazione o semplicemente fiducia mal riposta. Questo ci ricorda che, nel mondo della protezione dei dati, l’errore umano è un fattore sempre presente. Ma non tutto è perduto, perché il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) ha pensato anche a questo.

Nel GDPR c’è un concetto chiave, chiamato “accountability”, che potrebbe suonare un po’ tecnico ma è semplicissimo: il titolare del trattamento dei dati, cioè chi decide come e perché quei dati devono essere usati, deve prendersene la responsabilità. Lo dice chiaramente l’articolo 5, paragrafo 2 del GDPR: il titolare è responsabile di rispettare i principi stabiliti dal regolamento e deve essere in grado di dimostrare di averlo fatto. Non basta dire “Ho fatto del mio meglio”, bisogna dimostrarlo con fatti, procedure e misure concrete.

A questo punto, potresti chiederti: ma cosa succede se, nonostante tutte le precauzioni, si verifica una violazione? Qui entra in gioco l’articolo 82, paragrafo 3. Questo articolo specifica che il titolare può essere esonerato dalla responsabilità se riesce a provare che l’evento dannoso non dipende da lui. Tradotto: se hai fatto tutto quello che potevi per proteggere i dati e qualcosa è comunque andato storto – magari proprio per colpa di un “uomo che clicca” – non sei automaticamente colpevole.

E qui arriva una buona notizia: strumenti come AmicoHacker possono aiutarti a dimostrare che hai fatto tutto il necessario, così da rendere “l’uomo che clicca” meno pericoloso. In questo modo, il Garante per la protezione dei dati, cioè l’autorità che vigila sul rispetto del GDPR, potrebbe valutare in modo diverso il tuo caso. Non sei stato negligente, hai fatto del tuo meglio.

È interessante notare che il Considerando 74 del GDPR ribadisce proprio questo principio: adottare misure adeguate e proporzionate per proteggere i dati, considerando i rischi concreti. E per chi vuole fare le cose davvero per bene, ci sono anche le linee guida del Garante Privacy, pratiche per rafforzare la sicurezza. Questi documenti, insieme, tracciano un percorso chiaro: non puoi eliminare ogni rischio, ma puoi dimostrare di aver fatto tutto ciò che era ragionevolmente possibile.

Alla fine, quello che conta è capire che l’errore umano non è una scusa per abbassare la guardia, ma neppure una condanna inevitabile. Con gli strumenti giusti e un approccio proattivo, come quello supportato da AmicoHacker, il rischio diventa gestibile.

E così, anche un clic sbagliato può essere considerato solo un’eccezione in un sistema che funziona.

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